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FEDERICO QUADRELLI

Uno sguardo critico sulla realtà

Anima e cacciavite. Per ricostruire l’Italia, di Enrico Letta (2021)

8 Ago 2021 | Consigli di lettura

Enrico Letta, già Presidente del Consiglio dei ministri ed ora Segretario Nazionale del Partito Democratico, scrive un libro molto interessante dal titolo “Anima e cacciavite, per ricostruire l’Italia”, edito da Solferino, che mi è manifesto politico ed un lavoro autobiografico.

Colpisce, prima di tutto, il carattere scorrevole della narrazione. Il libro si legge molto bene e rapidamente. E questo non toglie niente alla profondità delle riflessioni e dei contenuti. Inoltre, colpisce la riflessione autocritica. Chi ha ricoperto un ruolo così importante, come quello di Presidente del Consiglio, non può infatti dirsi estraneo alle cose accadute in Italia, né può liquidare eventuali fallimenti con le scuse di sempre. Importante anche quanto scrive a pagina 16 in riferimento al suo “ritorno” in politica e ai giovani: “[…]L’impegno principale è quello di non deluderli“.

Il libro si sviluppa attorno a tre ambiti, direi: (1) quello relativo all’etica politica/pubblica e al lavoro nel/di partito; (2) quello relativo alle urgenze tematiche e programmatiche per il rilancio del paese; (3) la questione europea. Tutto il libro è attraversato da riferimenti biografici e riflessioni autocritiche.

Etica pubblica e il Partito (PD)

Questo ambito emerge in diversi capitoli del libro, non sempre in modo lineare. Ci sono tanti spunti di discussione, ma vorrei soffermarmi su pochi, quelli che reputo più importanti, alcuni li condivido in pieno, altri credo vadano discussi in modo più chiaro.

Enrico Letta scrive della democrazia italiana malata, dei problemi che discendono dalla selezione delle candidature e dunque su come si va di volta in volta a costituire il Parlamento. Il problema tutto italiano del “gruppo misto” e quindi il grave problema della rappresentanza che si unisce a quello della governabilità, resa sempre poco praticabile dai continui cambi delle leggi elettorali, pensate per contrastare uno o l’altro, e non per garantire una effettiva piattaforma di governabilità, a prescindere dalla maggioranza che si trova a governare.
Su queste riflessioni sono molto in linea con Enrico Letta. Se non altro perché sono anni che, per nulla ascoltato, ripeto più o meno le stesse cose nelle varie assemblea del PD in cui ero e sono eletto: In Italia abbiamo sia un problema di governabilità sia di rappresentanza. E sono anche molto d’accordo che, per esempio, tra le medicine da somministrarci, ci sia da un lato la modifica ai regolamenti parlamentari, e dall’altro l’approvazione di una legge sui partiti, proprio come in Germania. Su questo, infatti, ho scritto per Immagina.eu, nell’ottobre 2020, assieme alla Prof.ssa Anna Mastromarino, un articolo che ripropongo perché credo possa contribuire alla discussione: Quale legge elettorale per un futuro più democratico e partecipato?

C’è però qualche cosa da aggiungere: non concordo quando Letta scrive che le liste bloccate sono immorali (p.121). In Germania, ricoprendo un ruolo di dirigente della SPD a Berlino, ho preso parte al lungo e democratico percorso che ha portato alla definizione delle liste elettorali. I listini bloccati sono realizzati con una articolata e ricca discussione interna ai partiti, che sono attori fondamentali nella democrazia parlamentare. Definirli immorali è sbagliato. Immorale è invece, e concordo, quello che scrive a pagina 114, ossia il “fare le liste a immagine e somiglianza dei capi“. Questo sì che è non solo amorale, ma antidemocratico. Così abbiamo vissuto, io ed altri, i percorsi che hanno portato alla definizione delle liste politiche del 2018 per il PD, con una nomenclatura calata completamente dall’alto ad uso e consumo del capo di turno, in quel caso era Matteo Renzi, ma poteva essere chiunque altro.
Ecco, in Germania questo è impensabile, perché la legge sui partiti definisce un perimetro minimo a cui tutti, AfD compresa, devono attenersi. Chi non ha risorse politiche e poi soprattutto economiche, non può, di fatto, in questo modello malato all’italiana, sperare di ottenere alcunché. E qui arriviamo al secondo punto che va detto, con onestà e in linea con l’autocritica di Enrico Letta: aver abolito il finanziamento pubblico ai partiti ha solo peggiorato le cose. Ancora più di prima è la ricchezza personale a co-decidere le candidature, chi può da solo permettersi di accollarsi certe spese, è candidato. Ecco, spero che Enrico Letta su questo rifletta e prenda l’impegno, in vista della definizione delle prossime liste elettorali per il Parlamento, come PD, di ascoltare i territori da un lato e di non penalizzare chi per ragioni sociali ed economiche non ha le disponibilità per potersi sostenere da solo, in toto, i costi di una eventuale campagna elettorale.

Infine, il ruolo del partito. Qui mi limito a ripubblicare un mio intervento all’assemblea Cento Fiori promossa all’epoca da Brando Benifei, dove parlavo di “fiducia, credibilità, coerenza ed identità“. Era il 30.11.2018, e ritrovare queste cose nel libro di Letta nel 2021 mi fa molto piacere. Questo era ciò che pensavo all’epoca, ciò che penso oggi, e trovare nelle parole del Segretario nazionale un pensiero simile mi tranquillizza molto.

Link al video in FB: https://fb.watch/7fxMcMUGR4/

Urgenze tematiche e programmatiche per il rilancio del paese

Arriviamo al cuore della questione: le idee politiche e programmatiche. Enrico Letta delinea nel libro un’agenda molto chiara e, per quanto mi riguarda, completamente condivisibile. Chiaramente socialdemocratica nell’impostazione. Individua intanto un problema nella retorica della “locomotiva”, una metafora che riussume di fatto decenni di politiche di coesione territoriale sbagliate che hanno penalizzato il Sud, investito male al nord e creato tali divari sociali, economici e di infrastrutture, da aver reso di fatto frenato lo sviluppo (p.55). Poi, evidenzia le difficoltà delle giovani generazioni che sono al centro delle preoccupazione di Enrico Letta nel suo libro. Per questo posso dire che è un programma completamente proiettato al futuro, guarda alle azioni urgenti da fare oggi per salvguardare il domani di intere generazioni, quelle rimaste colpite prima dalla crisi finanziaria del 2008 poi dalla crisi pandemica del 2019. Generazione che rischiano d’esser perse. Per questo è importante l’attenzione data a misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale da un lato, compresa la dota per i 18enni (p.63), sia l’accento forte sul concetto di “sostenibilità” (p.75) che deve diventare l’elemento chiave per il rilancio sociale ed economico non solo dell’Italia ma dell’Europa. Le crisi climatiche recenti sono una triste e sofferta testimonianza del perché intervenire sulla questione ambientale è fondamentale. Non esiste, infatti, uno sviluppo “giusto” senza un lavoro organico che tenga insieme le varie dimensioni: quella ambientale, quella economica e quella sociale. Questo impegno va di pari passo con il rafforzamento dell’idea di democrazia: l’unione dell’impegno per i diritti sociali e quelli civili. Le cose stanno insieme e non possono essere separate.

La questione europea

Infine, la questione Europa: la pandemia ha evidenziato che da soli non si va da nessuna parte. L’impegno, giusto e tempestivo, delle istituzioni europee ha questa volta, rispetto alla crisi del 2008, salvato tutti. L’EU Next-Generation è il tema cardine del libro in riferimento all’Europa. Un progetto che guarda al futuro, che ha visto prevalere la solidarietà sull’egoismo, che ha messo in campo vere risorse per far fronte alla pandemia e per un rilancio concreto nel dopo-pandemia. Una singola nazione non può, da sola, far fronte né alle crisi globali, né portare avanti una politica efficace anche a livello locale. Letta cita tre ambiti fondamentali di cooperazione tra gli Stati nell’Unione Europea per il rilancio di ciò che oggi ancora manca, ossia il pilastro sociale dell’Europa. I temi che indica sono: (a) la protezione dei nuovi lavori, in un mondo in cambiamento tecnologico rapido, anche le forme di lavoro cambiano e quindi anche le necessità; (b) il salario minimo, con norme europee che diano un perimetro chiaro ed eviti i fenomeni, odiosi e dannosi, di dumping sociale; infine (c) la formazione continua, perché, come dice poi in un capitolo dedicato, l’istruzione è il vero cuore della questione. La parola riassuntiva su cui investire oggi, per plasmare il futuro.

Mi rendo conto d’aver tagliato con l’accetta i temi, d’aver fatto una riflessione non puntuale dei tanti input contenuti nel testo, ma l’invito che faccio è di prendere e leggere questo libro perché è un manifesto interessante ed importante. Anche un modo per chiedere poi conto di ciò che erano le premesse. Leggendo il libro di Enrico Letta ho ritrovato il PD che ho in mente, che con Nicola Zingaretti stava piano piano tornando ad emergere dopo anni difficili di smarrimento politico ed identitario, dopo anni di fratture e di errori gravissimi che ci sono costati molto in termini di consenso e quindi di fiducia. Per questo concludo citando proprio Enrico Letta, in un passaggio in cui ci dice cosa si aspetta dal PD e cosa vuole che esso sia. Ed io, concordo in pieno con lui:

[…] il PD che voglio costruire deve saper unire anima e cacciavite, riconoscersi ed essere riconosciuto come progressista nei valori, riformista nel metodo, radicale nei comportamenti (…) significa avere dei valori e un obiettivo di fondo: mettere la dignità del lavoro al centro di ogni nostra scelta, predicare e soprattuto praticare l’uguaglianza, stare sempre, prima di tutto, dalla parte di chi è in difficoltà, ridurre i divari territoriali, generazionali, di genere che affliggono l’Italia (…) significa impostare secondo questa prospettiva il progetto di riforme economiche e sociali (…) significa non avere mai paura di fare battaglie identitarie – per l’integrazione, contro ogni forma di discriminazione ed emarginazione – nel timore di perdere consenso (….). La verità p che se si rinuncia, per calcolo, alla propria più profonda identità, se si mette a tacere l’anima per ascoltare la (presunta) convenienza, si perde in partenza, si è già sconfitti. E il centrosinistra ha già perso abbastanza” (pp. 35-36).

Federico Quadrelli